Presentazione

‘Colui che è stato non può più non essere stato: ormai questo fatto misterioso e profondamente oscuro dell’essere stato è il suo viatico per l’eternità’.
L’essere stato dei fatti e delle persone attesta che la realtà, seppur passata, non può essere annullata.
L’affermazione sopracitata, allora, diventa cifra del lavoro svolto per la preparazione del presente volume.
Se macchine del tempo non sono state ancora create per riportarci nel passato, sicuramente esiste il ricordare.
Ora, il ricordo dei tempi di guerra e degli uomini che hanno partecipato con la loro vita a quegli eventi, pone in evidenza il rapporto dinamico che noi, oggi, abbiamo con il passato.
La dinamica scaturisce non soltanto dal dovere di non dimenticare gli orrori, ma dal lavoro di memoria che permette di dare senso a quelle vicende umane.
L’obiezione che più spesso si fa alla storia, è l’utilità che essa ha nei confronti del presente e del futuro.
Ma perché è importante? Nell’atto del ‘fare memoria’, emerge la dimensione del debito nei confronti del passato. L’apertura al futuro, in questa prospettiva, potrà riemergere come risorsa che scaturisce da una eredità, appunto quella del passato, della quale siamo debitori.
Assume importanza la dimensione del ricordo: ‘Se richiamo alla memoria un avvenimento della mia vita passata, non lo immagino, me ne ricordo: ossia non lo pongo come dato-assente ma come dato-presente al passato’.
Ecco, così, che la memoria diventa un fatto etico.
Nessuno può estraniare se stesso dalla responsabilità di ricordare, di sforzarsi di impegnare la propria vita in questo esercizio.
‘Il dovere di memoria è il dovere di rendere giustizia, attraverso il ricordo, ad un altro da sé’.
Siamo debitori, verso coloro che ci hanno preceduto, di una parte di ciò che siamo.
La vita svolgendosi nel tempo è intessuta dalla possibilità di memoria e da quella dell’oblio. Il passato ripresentandosi nella forma del ricordo, chiede che si accrediti la fiducia in quel che si afferma. La responsabilità etica è evidente. Nell’atto di porre la fiducia in quel che sento raccontare (da chi c’-è stato-), impegno me stesso. La mia identità di soggetto viene riformulata dal racconto che mi interpella e diventa parte della mia storia.
Dall’altra parte il lavoro di scrittura della storia deve mostrare la fedeltà ai dati storici, pena, il rischio del revisionismo storico, pericolosa deriva ideologica.
Coloro che sono stati nel passato, ci chiedono di non dimenticarli; attraverso noi si può ‘ristabilire’ la giustizia di eventi ingiusti che li han visti partecipi.
L’uomo ha il dovere etico di non permettere l’oblio delle vicende tragiche della nostra storia, ed ecco che il lavoro svolto si inserisce in questa prospettiva.
Nel lavoro di ricerca di documenti, testimonianze, sempre più si faceva sentire quell’appello alla precisione e all’ impegno nel documentare più cose possibili.
Quell’esigenza etica richiamata in precedenza ‘provocava’ ansia positiva nell’insistere a chiedere notizie, documenti, fotografie, ad aver quello scrupolo che ha permesso di raccogliere tanto materiale.
Alla fine, (con la consapevolezza che si può far sempre di più), ne è uscito un frammento importante della nostra storia che spero venga apprezzato nelle sue intenzioni che si possono scoprire leggendolo.
Ho cercato di valorizzare alcuni racconti rispetto ad altri, questo nel tentativo di mostrare il ‘risvolto umano’ delle esperienze di guerra e i volti (seppur tanti solamente attraverso i nomi) di quei ragazzi che han portato dentro di sé per sempre il doloroso ricordo dei tempi bui.
Ringraziando tutte le persone che si sono interessate a vario titolo del lavoro, auguro a tutti (ma soprattutto a me stesso), di tenere alto ed in profonda considerazione quel sacrificio che ha permesso a tutti noi di vivere in pace e che ci chiede ‘soltanto’ di tenere viva la memoria.

Con affetto Stefano Zanchi